Tra gli anniversari che si celebrano nel 2010, c’è il centenario del rapporto Flexner, che negli Usa e in Canada ha segnato il passaggio dalla pratica medica empirica alla moderna medicina scientifica. All’inizio del secolo scorso, in un periodo di straordinario sviluppo scientifico, la vecchia medicina empirica appariva ormai inattuale. La scoperta dei vaccini, dei raggi X, dei batteri e dei virus, l’instaurazione della chirurgia operativa, la separazione tra medicina e chirurgia, la costituzione delle varie specialità mediche e l’enorme progresso della medicina scientifica si scontrarono con la permanenza di scuole private di medicina che insegnavano a terapeuti empirici la pratica delle cure più svariate, dai salassi alla medicina tribale fino alle cure che oggi si chiamerebbero “alternative”, ma che allora erano la norma. Le nuove acquisizioni scientifiche e i vantaggi derivanti da cure finalmente efficaci rischiavano di rimanere confinati a pochi fortunati a causa degli interessi economici delle scuole mediche private e dei terapeuti formatisi al di fuori dell’università. I risultati della ricerca Flexner dimostravano che le scuole private presentavano pressapochismo, ignoranza dei più elementari concetti scientifici, ciarlataneria, improvvisazione, superstizioni miste a pratiche empiriche al di fuori di ogni controllo. Il rapporto Flexner ebbe un effetto travolgente: tutte le scuole mediche non universitarie furono chiuse e si stabilirono criteri, validi ancora oggi, per la formazione scientifica dei terapeuti. Questi parametri furono adottati dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1978, con la dichiarazione di Alma Ata, garantendo così la formazione scientifica uniforme dei medici a livello internazionale.
Secondo Erik Kandel, premio Nobel per la medicina, la pratica terapeutica moderna che va sotto il nome di psicoterapia è esattamente nella situazione in cui si trovava le medicina americana nel 1910. Egli ritiene che la psicoterapia sia rimasta in una fase prescientifica, in mano a una pletora di scuole private che rilasciano attestati di psicoterapeuta con criteri sostanzialmente arbitrari. Tali scuole si limitano, per lo più, a insegnare le teorie dei fondatori e degli epigoni, trascurando i contributi della scienza. Le scuole private proliferano e hanno elaborato ciascuna un proprio approccio alla formazione, isolate dalle forme condivise di sapere scientifico. Kandel auspica un nuovo rapporto Flexner per le scuole di psicoterapia, ossia uno studio che porti a riservare l’insegnamento della psicoterapia alle sole università. Un simile cambiamento aiuterebbe queste discipline a diventare sempre più scienza della mente, allontanandosi dall’empiria di una filosofia della mente elaborata da un autore e sviluppata dai suoi continuatori. Quanto alla situazione italiana, dopo la legge Ossicini del 1989 che disciplina la materia, essa mostra che l’Italia detiene il record delle scuole private riconosciute di psicoterapia (341), per cui i posti a disposizione per gli aspiranti psicoterapeuti sono in numero maggiore di coloro che si laureano ogni anno in psicologia. Si rende indispensabile mettere finalmente mano alla materia con lo scopo di permettere alla psicoterapia di diventare una specialità come le altre, il cui insegnamento sia riservato esclusivamente all’università. Una successiva formazione privata dovrebbe essere riservata solo a chi ha già una specialità clinica che garantisce un’adeguata preparazione scientifica.
In sintesi, questo è il senso dell’articolo pubblicato sull’inserto “Tutto Scienze” de “La Stampa” del 14 aprile 2010, a firma dello psicoterapeuta Maurilio Orbecchi.
La situazione che Eric Kandel denuncia per quanto riguarda la psicoterapia è sostanzialmente la stessa che il nostro Istituto, nel suo piccolo, e fatte le debite proporzioni, denuncia nei confronti della naturopatia tradizionale. Nata solo per motivi commerciali e favorita dalla moda new age di fine millennio, la naturopatia versa oggi in gravissime condizioni, ridotta a un insieme confuso di pratiche variopinte, pittoresche, contradditorie e perlopiù inutili, al limite, o oltre il limite della ciarlataneria. I principi cui si è ispirata restano però validi: una attenzione per la biodiversità e per una vita il più possibile in armonia con le leggi biologiche della natura, il rispetto di ogni forma di vita – anche vegetale – , la cura della salute intesa come pratica di una sana attività fisica, mentale, affettiva e sociale.
Purtroppo, poco o nulla di tutto questo viene insegnato nelle scuole di naturopatia, le quali preferiscono istruire frotte di aspiranti paramedici alla cura di malattie tramite i rimedi più assurdi e sconfessati dalla storia e dalla scienza.
Tuttavia, non riteniamo che il Counseling ad indirizzo naturopatico debba essere confinato negli angusti spazi dell’insegnamento universitario, in quanto come ogni forma di Counseling (e non di psicoterapia) esso deve avere come obiettivo la consulenza informativa sullo stile di vita, e non diagnosi o terapie.
Riteniamo quindi che il Counseling ad indirizzo naturopatico debba restare al di fuori dell’insegnamento universitario perché, se da un lato esso presuppone una conoscenza non superficiale dell’interazione tra diverse scienze e discipline scientifiche, al tempo stesso questa disciplina si caratterizza più come arte per la salute, piuttosto che terapia clinica. Su una solida base di conoscenza scientifica, il Counseling ad indirizzo naturopatico si configura come una forma di relazione di aiuto fondata sullo sviluppo di qualità umane che si possono imparare solo nell’ambito ristretto di una classe di pochi allievi, a diretto contatto con docenti che fanno dell’elaborazione dell’ esperienza di vita, propria e altrui, la base del loro insegnamento. Per questi motivi il nostro Istituto sostiene coerentemente l’idea che il Counselor ad indirizzo naturopatico non debba necessariamente vantare un titolo di studio di livello universitario, ma piuttosto aver affinato negli anni una lunga esperienza che lo porti a saper gestire il disagio e le difficoltà delle persone sane e comuni, fornendo una consulenza fondata su solide basi scientifiche multidisciplinari, ma specialmente su una visione ampia e variamente sfaccettata della vita, elaborata e integrata attraverso lo strumento della relazione empatica.